Roma, quell'orto è autogestito per favore non uccidetelo |
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.:Inviato Martedì, 16 marzo 2010 @ 09:02:07 da Giancarlo |
Giancarlo scrive "Un gruppo di migranti e indigeni ha reso produttivo un pezzo di terra abbandonata. Ora vogliono sgomberarli
Per chi conosce un po' le periferie romane, la Valle dell'Aniene sembra
appartenere ad un altro mondo. Pochi chilometri, e ci si ritrova in
mezzo ad ampi spazi di terra ad uso agricolo lasciata andare, tenuta in
condizioni di assoluta inutilità in attesa che qualche manovrina
palazzinara la trasformi in area edificabile. Solita storia insomma,
speculazione edilizia che uccide il verde. Una volta, fino agli anni
Sessanta, aree come queste venivano curate da cittadini romani. Erano
gli "orti di guerra" che davano da mangiare prodotti freschi e
permettevano, soprattutto alle persone anziane, di mantenere viva una
cultura in cui il seminare e raccogliere, il tenere animali da cortile,
erano parte essenziale di un rapporto diverso con la natura. Ad
ascoltarle oggi, queste testimonianze narrano di un tempo mitico in cui
le verdure, le uova, avevano sapori genuini, c'era l'orgoglio della
produzione in piccola scala, erano prodotti che ora a pieno titolo
definiremmo biologici ma allora neanche si utilizzava il termine.
[ continua... ]Un anno fa, per l'esattezza lo scorso febbraio, un gruppo "misto",
di immigrati e di autoctoni, ebbe l'idea semplice e geniale di
sperimentare oggi questa forma (antica) di autorecupero: presero
possesso di uno di questi terreni, in Via Tor Cervara 200, a due passi
dalla consolare Tiburtina, e iniziarono a produrre derrate alimentari.
Verdure, tante, e poi allevamento: oltre 300 fra polli, conigli, anatre
e pecore. Il terreno, bonificato, pulito e arato, è stato diviso in
piccoli lotti e sono state costruite 5 recinzioni per gli animali. Agli
animali viene dato come cibo lo scarto delle verdure, la produzione è
rigorosamente biologica e rispetta il ciclo delle stagioni, i risultati
sono venuti rapidamente. Ormai decine di famiglie hanno i prodotti di
questa terra come elemento base dal punto di vista nutrizionale, hanno
trovato occasione di lavoro e affrontano, grazie ai prodotti della
terra, il disagio della crisi economica. I mesi di marzo e aprile
saranno centrali per la seminatura, soprattutto per le piante odorose
da vaso utili in cucina e le spezie… ma i tempi della natura rischiano
di bloccarsi per colpa dei tempi della politica.
Il 2 febbraio, infatti, circa 80 agenti si sono presentati all'alba per
sgomberare l'insediamento e solo una lunga trattativa ha impedito che
un anno di lavoro andasse in fumo. Ora si sta aprendo un tavolo di
discussione, dalla Regione e dalla Provincia arrivano segnali
incoraggianti, ma ancora si attendono risposte concrete che
garantiscano il proseguimento dell'esperienza. Nel frattempo, da oggi,
i protagonisti hanno deciso un'accelerazione del progetto, con
l'inaugurazione di una "Scuola di Pratiche Sostenibili". Si è
costituita una associazione, "Dhaka Zila" (distretto di Dacca), che
organizza un vero e proprio corso di coltivazione e semina, rivolto a
bambini e adulti principianti che intendono imparare a coltivare l'orto
e insieme vogliono conoscere il patrimonio naturalistico romano.
Appuntamento alle 11 (ci si arriva con la metro B fermata Rebibbia e
poi autobus 447 0 437), per una dimostrazione tecnico pratica di semina
degli ortaggi. Alle 12 l'incontro "L'uovo non è prodotto in fabbrica,
viva gli animali", organizzato dall'associazione Dhumcatu. Alle 13 un
pranzo "etnico" gratuito e nel pomeriggio una visita guidata alla
riserva.
A lavorare stabilmente nel terreno sono un piccolo gruppo di cittadini
asiatici (Bangladesh, India e Pakistan) e alcuni italiani, persone
rimaste senza lavoro che stanno cercando di costruirsi un futuro e
contemporaneamente mettono in campo conoscenze antiche trasformando in
pratica quotidiana un rapporto migliore con l'ambiente. La fattoria è
in crescita, pochi giorni fa è anche nato un agnellino e i lavoratori
lo hanno preso come un buon auspicio: la nascita come speranza
concreta. Le decisioni ora tornano ai tavoli politici, il presidente
del V municipio ha inviato una richiesta a Regione, Provincia e Comune,
affinché si discuta istituzionalmente di come non interrompere una
esperienza positiva ed inclusiva. Tempi burocratici permettendo, prima
o poi si dovrà decidere se lasciare all'incuria o peggio ancora a nuove
colate di cemento questa terra fino a ieri incolta. O se invece
accettare l'idea che da un piccolo gruppo di agricoltori possa nascere
una esperienza da salvaguardare, anzi magari da esportare in altre aree
abbandonate, non solo della capitale.
Stefano Galieni
Fonte: www.liberazione.it
14/03/2010"
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