«Non ci credo, Eugenio è vivo» |
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.:Inviato Mercoledì, 30 gennaio 2002 @ 14:08:25 da titiro |
Guidonia, la fidanzata non si rassegna alla morte del ruspista nella cava. Il corpo resta ancora sepolto sotto tonnellate di fango: si lavora giorno e notte senza sosta per recuperarlo.«No, non ci credo. Finché non vedo il corpo del mio Eugenio non mi rassegno. Può essere ancora vivo, forse è solo ferito». Raffaella, la moglie promessa di Eugenio Longo, 27 anni, l'operaio sepolto da una gigantesca onda di fiume e fango l'altro ieri nella cava di Villalba di Guidonia scuote la testa se qualcuno le dice che ormai non c'è più niente da fare. «Ripete solo di fare in fretta», racconta una zia che con i genitori
della ragazza , dal momento dell'incidente vive blindata nell'appartamento della famiglia, in una palazzina del quartiere di Collefiorito vecchio: «ma noi da ore ed ore aspettiamo solo la telefonata. Che finalmente sono riusciti ad estrarre quella maledetta ruspa dalla cava e che hanno trovato il corpo di Eugenio. Era un bravo ragazzo, arrivato dalla Calabria senza niente. Qui aveva trovato un lavoro ed una famiglia. Dovevamo
partecipare al matrimonio fissato per il 13 aprile. Invece ci aspetta un funerale».
I tentativi per recuperare Eugenio Longo, il ruspista che lavorava per conto della Cosmoter nella vecchia cava a ridosso del deposito della "Travertini Caucci" in fondo a via della Campanella sono andati avanti senza sosta anche durante la nottata e la giornata di ieri. Degli altri quattro operai travolti dallo smottamento improvviso dell'intero costone di destra dello scavo, tre sono ricoverati nell'ospedale di Tivoli.
Sergio Maggiani, 48 anni, Fernando Muzi di 51 e Salvatore Sinatra, 53 anni stanno gradatamente migliorando: sono ancora sotto choc, hanno lesioni e fratture ma sono fuori pericolo. Da lunedì a mezzogiorno, quando è scattato l'allarme, intorno all'enorme cratere pieno di fanghiglia densa si sono
avvicendati decine di vigili del fuoco ed i volontari della protezione civile "Valle dell'Aniene". Sperano tutti
che la gru arrivata ieri, capace di sollevare 5000 quintali di peso riesca a riportare a terra la ruspa nella
quale - si crede - che ci sia l'operaio. I tentativi per recuperare il corpo di Eugenio Longo sono andati tutti falliti: il braccio della gru adoperata in un primo momento è riuscita solo a far emergere di alcuni metri il mezzo intrappolato dalla fango. Intorno al luogo della tragedia ieri c'erano solo pochi cavatori e gli ispettori del commissariato di Tivoli. L'intera area è stata posta sotto sequestro, e nessuno può oltrepassare i
cancelli che delimitano il deposito e gli uffici di proprietà di Mario Caucci. Ma dietro le barriere di ferro vecchi cavatori e gli operai dei stabilimenti vicini si avvicendano in una staffetta di cordoglio. «In 36 anni di lavoro ho visto quindici morti- racconta Lorenzo Schiva - questa cava è stata abbanodonata per una decina di anni, poi hanno deciso di riattivarla, ed è per questo che stavano montando le pompe e c'erano gli operai
della Cosmoter. Dovevano fare i lavori di ripulitura prima di aprire la bancata».
Ogni tanto nel luogo dell'incidente si affaccia il parroco di Collefiorito, don Giovanni Fenili. Aspetta di benedire la salma. «Raffella ed Eugenio - racconta - avevano partecipato al corso prematrimoniale in parrocchia, ed una settimana fa avevamo brindato tutti insieme dopo la loro promessa di matrimonio in
comune. Ci sono ancora le pubblicazioni. Li conosco bene: innamoratissimi e felici. Era tutto pronto: il matrimonio, e la casa, che avevano affittato da una zia di lei è già arredata, i vestiti.La sua è stata una vita breve, ma piena di sacrifici. Abitava dai suoceri, ma qualche volta si fermava a dormire in un lettuccio dentro gli uffici della ditta "non voglio dare troppo disturbo", mi diceva».
(da Il Messaggero del 30/01/02)
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