.:Inviato Sabato, 15 marzo 2008 @ 12:03:26 da romgroup
E’ finito il socialismo a Cuba. Potete crederci, lo dice Vittorio Zucconi su Repubblica di oggi: “E’ l’elettricità ad annunciare la fine ormai inevitabile dell’ultima isola rossa del mondo”. E nelle pagine interne esultano i soliti Omero Ciai e Carlos Franqui.
Che è successo di tanto clamoroso? Che il governo cubano ha autorizzato l’acquisto di computer e lettori DVD.
Tutto qui? Direte voi. Sì, tutto qui. I cubani chiedono una qualità della vita un po’ più ricca, anche di beni di consumo, e il governo autorizza la vendita di computer e DVD.
Ad Haiti o in Ruanda non ce l’hanno il computer, né chiederebbero di poterselo comprare. Anche se avessero qualche dollaro lo spenderebbero per non morire di fame o per comprarsi qualche medicina.
A Cuba invece, paese che farebbe la fine di Haiti e del Ruanda se dipendesse da Omero Ciai o dai simpatici vicini del nord, il problema della gente è comprarsi il computer o il DVD.
Gabriele Carchella, una nuova entry del Tirreno, si affretta a spiegarci che il computer “resta per i cubani un perfetto sconosciuto”. Manca solo che ci racconti che per le strade dell’Avana la gente si veste con pelli di leopardo e per vivere caccia brontosauri.
Peccato che in ogni classe di ogni scuola cubana c’è un computer e il livello di alfabetizzazione informatica dei cubani è senz’altro più alto di quello degli italiani.
Ma si sa, internet è proibita... Beh, fate questa prova, andate su un sito di amicizie e chat come ce ne sono tanti in rete, per esempio www.latinamericancupid.com, e guardate se ci sono o no cubani. Forse sono inserzioni vecchie e li hanno già arrestati tutti, o sono tutti della polizia segreta del regime...
Infine il must di questi ultimi tempi: Cuba sta seguendo il modello cinese, libertà economica e niente diritti civili. Vagli a spiegare che il modello cinese ha come presupposto fondamentale la libertà di impresa e il mercato selvaggio e questo a Cuba non ci sarà mai, a parte il fatto che in Cina lavorano da schiavi e ci sono le esecuzioni di massa in piazza (ma questo non impedisce ai paesi “democratici” di intrattenere normali rapporti diplomatici e commerciali con Pechino).
Ci sembra che questi giornalisti non dovrebbero scambiare i loro desideri per realtà. La libertà di comprarsi un computer non ha niente a che vedere con la reintroduzione del capitalismo, che i cubani non vogliono, ma è solo un modo di permettere alle famiglie qualche bene di consumo in più. Non ci vediamo niente di male.
Ma poi se bastava dare i computer ai cubani per sconfiggere il socialismo, perché c’è l’embargo? Perché allora gli Stati Uniti non hanno inondato l’isola di lavatrici, o magari di collanine di perle come si faceva una volta con i selvaggi? Mistero...
Certo, il governo cubano sbaglierebbe se pensasse di risolvere i problemi della vita quotidiana solo consentendo a chi può permetterselo di riempirsi di beni di consumo. Ci sono dei rischi non indifferenti di una differenziazione di classe fra chi lavora con il turismo e i ceti professionali a reddito fisso e questo va evitato come la peste. Ma a Cuba questo lo sanno, e la speranza è che con i processi di liberazione e integrazione latinoamericana (in barba a Omero Ciai) saranno possibili ben altri miglioramenti. Altro che DVD!
Per Senza Soste, Nello Gradirà
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