La conquista del tempo |
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.:Inviato Martedì, 28 ottobre 2003 @ 18:45:32 da titiro |
Derrick De Kerckhove, lo studioso dei media canadese che dirige il McLuhan Program in Culture & Tecnology all’università di Toronto, è il curatore di un interessante libro dal titolo La conquista del tempo. Società e democrazia nell’era della rete. Il testo raccoglie una serie di contributi, provenienti da diverse aree disciplinari, che tentano di mettere a fuoco l’impatto delle nuove tecnologie sull’uso e la percezione del tempo. In particolare, nel contesto di questa pregevole raccolta si fa riferimento alle implicazioni sociali e politiche determinate dal modo in cui sta cambiando la nostra esperienza del tempoIl saggio di De Kerckhove, che inaugura l’antologia e fornisce il titolo al libro, costituisce la premessa teorica di tutto il ricco apparato scientifico presente negli altri interventi.Il teorico dell’intelligenza connettiva sostiene che “La conquista del tempo sta rimpiazzando quella dello spazio come priorità significativa o obiettivo del nostro mondo presente”. In sostanza, mentre le società moderne sarebbero state caratterizzate dalle esplorazioni del mondo, dall’allargamento delle frontiere territoriali, dal superamento dei confini terrestri, nell’epoca attuale la preoccupazione sociale dominante è rappresentata dall’uso della tecnologia per estendere il tempo della nostra vita. Questa affermazione non devo però essere intesa come un mero allungamento dell’esistenza biologica, ma come una mutazione antropologica profonda che coinvolge le disposizioni cognitive economiche ed affettive delle nostra specie. In effetti le tecniche mediche stanno modificando sensibilmente le nostre attese di vita, che potrebbero addirittura raddoppiare nel giro di un paio di generazioni.
Ma è soprattutto la qualità della nostra esperienza del tempo ad essere mutata dalla proliferazione delle nuove tecnologie comunicative. Se pensiamo, ad esempio, alla diffusione del telecomando nella comunicazione televisiva (per restare a un fatto ormai appartenente alla nostra quotidianità più banale) possiamo immediatamente notare come la televisione abbia determinato una valorizzazione di durate temporali brevissime e istantanee, che spesso sono di tipo subliminale e infra-cosciente, come lo zapping, il clip, oppure il replay. Eventi di durata impercettibile possono essere adesso esperiti come densi di significato.
De Kerckhove mette in evidenza come questa dimensione temporale del linguaggio mediatico corrisponde ai progressi scientifici nella misurazione del tempo. L’importanza che viene attribuita alle tecnologie che calcolano la loro attività in nanosecondi sta ad indicare come sia, quindi, in atto un nuovo megatrend: l’estensione dei limiti della nostra temporalità. media tradizionali erano fondati sul primato della sequenzialità. Il carattere lineare della scrittura alfabetica ha plasmato la nostra coscienza del tempo. La coscienza storica fondata sulla concezione sequenziale e lineare del tempo sta venendo erosa dal nuovo ambiente mediatico, incidendo in profondità sui nostri stati di coscienza. Il modo in cui attribuiamo senso alla nostra vita non è più modellato dalle forme prospettiche della temporalità, né dall’eternità della tradizione. A parere di De Kerckhove, siamo in presenza del primato del tempo reale, che privilegia l’evenemenzialità dell’istante, rispetto alla progettualità sfuggente e prometeica del futuro e all’idolatria religiosa e integralista del passato immemorabile. Il tempo reale è caratterizzato dall’accelerazione, dalla miniaturizzazione, dalla frammentazione infinitesimale e dal massimo sfruttamento di segmenti sempre più piccoli. Le ipotesi di De Kerckhove suggeriscono un nuovo paradigma interdisciplinare in grado di studiare i rapporti sociali immanenti alla tecnologia. Il tempo non è un elemento trascendente, un’a priori dell’esperienza, ma una produzione immanente alla relazione uomo-macchina.
(da hermesnet.it)
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