Anno europeo del disabile, un'occasione perduta? |
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.:Inviato Mercoledì, 30 luglio 2003 @ 21:15:59 da titiro |
È quasi agosto e l’Anno europeo del disabile ha da un pezzo superato il giro di boa. I fragori della guerra prima, le turbolenze elettorali, politiche e giudiziarie poi, hanno indubbiamente distratto dal tema opinione pubblica e commentatori. La Conferenza governativa di Bari è ormai lontana e nessuno ricorda più i tanti buoni propositi propinati generosamente dai ministri alla platea. Propositi rimasti tali. Per questo sarebbe un grave errore non segnalare, finché siamo in tempo, ritardi, fatti e misfatti di questa prima metà dell’anno, per evitare che sfugga un’inedita opportunità di migliorare i servizi e la qualità della vita di oltre due milioni di cittadini disabili.Sono tanti i motivi di preoccupazione. Nella scuola, nel 2003, gli alunni con disabilità sono aumentati di circa ottomila unità, raggiungendo quota 140.478, ma gli insegnanti di sostegno, paradossalmente, sono diminuiti di ben 450 unità. Sono state poi ridotte sia le risorse che il personale di assistenza ed è in programma un taglio di ben settemila insegnanti.
C’è poi il ministro Maroni. Inaugura l’Anno del disabile con un decreto che proroga immotivatamente a tutto il dicembre 2003 - per ora - la possibilità per le imprese di conteggiare nell’aliquota obbligatoria del sette per cento non solo i disabili, come prevede la legge, ma anche orfani e vedove già assunti. Sembra niente, ma sono circa 50mila posti di lavoro in meno ed un sostanziale blocco della legge 68 sul collocamento obbligatorio. Poi tenta di introdurre per i disabili il lavoro interinale, privandoli così di qualsiasi tutela, ed abbandona l’idea solo dopo una generale sollevazione. Dulcis in fundo, nella delega sul mercato del lavoro ripropone la possibilità per le aziende di rifiutare il disabile in cambio di appalti a cooperative sociali e, nel recepire la direttiva europea sulla parità di trattamento, quella di discriminare i lavoratori disabili.
Non va meglio per i comuni, che si sono visti falcidiare in Finanziaria i fondi per le politiche sociali, solo in parte recuperati dopo le proteste dell’Anci, delle Regioni e, soprattutto, delle associazioni dei disabili. Mentre sul fronte della sanità il ministro Sirchia, invece di impegnarsi con le regioni e le Asl per rafforzare la prevenzione e promuovere strutture riabilitative più qualificate, soprattutto al sud, prospetta le assicurazioni sanitarie, senza domandarsi quale compagnia sia disposta ad assicurare un disabile. È quanto meno problematico, in queste condizioni, affrontare le nuove sfide, come il cosiddetto «dopo di noi», la tutela delle persone disabili adulte che restano prive del sostegno delle famiglie, perché i genitori invecchiano, vengono meno o comunque non ce la fanno più ad assistere i propri figli.
In questo quadro desolante, in cui non manca la Rai che sospende la trasmissione «Diversi da chi», due soli segnali positivi. Il primo viene dal ministro Stanca con un disegno di legge sull’accessibilità dei siti internet e dei sistemi informatici. Iniziativa buona ma non nuova, visto che già gli enti Pubblici dovrebbero ottemperare alle disposizioni in materia dell’Aipa, l’autorità per l’informatica nella Pubblica Amministrazione. Il secondo è l’approvazione della legge sullo sport disabili, promossa dall’Ulivo ed accolta da tutte le forze parlamentari. Per non deludere le legittime aspettative dei disabili e delle famiglie, occorre una svolta. È necessario, cioè, che al di là delle appartenenze si metta mano ad un lavoro comune. Che si avvii una sessione parlamentare sulla disabilità per votare leggi utili, che forse non risolveranno tutto, ma contribuiranno, ci auguriamo, a migliorare la qualità della vita di persone provate, più che dalla disabilità, dalle inadempienze e dai ritardi delle istituzioni.
Una base di lavoro c’è. È il documento approvato dalle Regioni ad Abano lo scorso 27 giugno. Lì si avanzano al Governo proposte chiare: criteri di accertamento dell’invalidità più moderni, il fondo per la non autosufficienza, l’amministratore di sostegno, risorse per abbattere le barriere architettoniche e per il «dopo di noi», più sostegno nella scuola, agevolazioni per lo sport ed il turismo, pensioni più adeguate ed agevolazioni previdenziali per i lavoratori che assistono figli con gravi disabilità. Una lista che ricalca quel Programma di Azione approvato nel 2000 dal Governo Amato e accantonato sciaguratamente dal nuovo esecutivo. Lo si tiri fuori dal cassetto e si ricominci a lavorare.
Siamo al semestre di presidenza italiana dell’Unione, nel pieno della discussione sul Dpef prima e subito dopo della Finanziaria. Una svolta, oggi, porrebbe l’Italia nelle condizioni di indicare all’Europa la via della piena integrazione, della non discriminazione, del diritto di cittadinanza delle persone disabili.
(da unita.it)
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